Dopo una sorta di immobilismo didattico, durato decenni, negli ultimi anni si vedono fiorire nuove metodologie: sono tutte valide? Sono soltanto mode cui legarsi o da scansare a priori?
Dalla Montessori in poi, gli unici metodi di cui per un lungo periodo ho sentito parlare, sono i metodi Steiner e il Furestein. Ma nel momento in cui entrano le tecnologie digitali nella scuola, ecco nascere nuove strade, nuove vie che tendono a rendere attivo l’apprendimento nella classe “tecnologica”. Queste nuove metodologie sembrano avere un punto in comume: al centro mettono l’alunno, con la sua voglia appassionata di imparare, stimolata variamente: problemi reali, conflitti, ricerche… che la lezione dovrebbe portare a soluzione. Ma siamo sicuri che le cose stanno davvero così?
Nel particolare le innovazioni più recenti riguardano la Flipped Classroom, così ben spiegata ad esempio, da Laura Antichi, ma anche la notissima Classe Scomposta di Dianora Bardi che rifugge saggiamente dalle mode, per calarsi nella realtà scolatica quotidiana: quella in cui si vive fianco a fianco con gli studenti e dove si ha la necessità di creare percorsi di apprendimento significativi e coinvolgenti. Non basta infatti, capolgere l’insegnamento per ottenere automaticamente l’attenzione delle nuove generazioni, cui abbiamo l’ardire, come docenti, di insegnare… Anche gli EAS, o Episodi di Apprendimento Situato, di PierCesare Rivoltella (oltre al noto video, possiamo leggere questo articolo dal titolo Una didattica per EAS, che riepologa in uno schema le fasi di questo metodo) sembrano riempire le pagine delle riviste didattiche.
La tendenza a “costruire” una nuova didattica è dimostrata variamente: l’anno scorso ad esempio, nasce Rinascimente che tenta di proporre una “scuola del fare”: Subito dopo giunge alla ribalta, la ricerca di Avanguardie Educative promossa dall’Indire di Firenze: in modo forse molto più analitico, mostra chiaramente tre aree in cui si possono dividere le problematiche dell’apprendimento e le 12 idee da “adottare” per fare una didattica innovativa, con l’uso della tecnologia. Dalla lettura del documento inerente appunto le idee, scaturisce il quadro di tendenze nuove e diverse, tutte interessantissime: dalle aule quali laboratori disciplinari, al Debate, o argomentare e dibattere, passando per la didattica per scenari. Ognuno di esse va davvero presa in considerazione seriamente, per comprendere come è vasto il quadro dell’innovazione didattica metodologica reale.
L’innovazione didattica viene spesso anche dall’estero, ad esempio il sito “La sfida per cambiare” sembra davvero molto stimolante: ho partecipato al seminario di Lucca di alcune settimane fa e mi è parso davvero entusiasmante il modo di approcciarsi che gli insegnanti americani mostravano, imitando una lezione nella loro classe.
Ma la lezione frontale allora, è morta? Leggendo questo articolo dal sito degli “Stati Generali” , Risposte sulla scuola, di Antonio Vigilante , si potrebbero fare molte riflessioni: la mia opinione è che la lezione frontale non solo non sia affatto morta, ma spesso sia ancora indispensabile, se segue i criteri di una saggia conduzione.
A questo mio brevissimo scritto, allego questi documenti che ho trovato in Internet e che reputo interessanti:
“Metodi didattici a confronto“, di Stefania Monari, 3-12-2012, tratto da Doctissimo
“Metodologie dell’insegnamento e tecniche per l’apprendimento attivo“, di F: Tessaro, tratto da Univirtual