La scuola dei ricordi

Apprendo per caso, della “ultima tappa” di una collega. Non era troppo anziana, ma sapevo che aveva già da tempo problemi di salute. Da diversi anni non ci parlavamo neppure, ognuno di noi due prese altrove e da questioni differenti: lei a casa sua dopo la pensione, io ancora a correre per la scuola.

Non parlerò di chi era, la mia collega, nel privato, né dei sentimenti che ci hanno unito nel bene e nel male, nei momenti felici della vita o in quelli più tristi: alla fine, come spesso capita, avevamo interessi diversi, specialmente da certi accadimenti della mia vita in poi. Ma certamente posso parlare di chi è stata Lei come insegnante: una grande maestra dei tempi d’oro della Scuola, quando ancora i concorsi c’erano e si vincevano, quando ancora i maestri erano “di vita” e insieme al farmacista, al dottore, al notaio … erano le persone più in vista, perché custodi di quella “cultura” di cui oggi si vede sempre meno traccia, sparsa com’è sul Web, oserei dire “spalmata” qua e là fino a diluirsi in un mare di bit, in cui veramente bisogna cercare bene e con discernimento, per non rimanere impigliati nel superficiale o calati nella moltitudine di fake-news. Una cultura che si è diversificata, che non ha mantenuto del tutto le sue promesse di democrazia e libertà del sapere, che mostra una società diversa da quella che negli anni 70 ci si immaginava: rosea, piena di innovazioni meravigliose, legata ad un futuro così vicino che bastava poco per essere raggiunto, dove avremmo tutti lavorato meno e forse, con più fantasia.

La mia vicinanza con la collega di cui mi rammarico per la perdita, risale appunto, fra la fine degli anni ’70 e la fine degli ’80: un decennio estremamente importante per me, perché vinsi il concorso da insegnante e ne venni a conoscenza per tramite suo mentre ero in Spagna. Fu Lei ad aiutare mia madre a rintracciarmi, in tempi in cui l’unico modo per contattarsi rapidamente erano le telefonate internazionali da dispositivo fisso e tramite lunghi percorsi di prenotazioni delle telefoniste della “Sip” (alias Telecom, oggi Tim), ricorrendo ad “appuntamenti” presso i punti pubblici telefonici disponibili (nel mio caso l’albergo di Siviglia, dove mi trovavo alloggiata). Seppi così, dalla sua voce lontanissima prima e poi da quella ansiosa di mia madre, che dovevo rientrare per prendere il “ruolo”. La mia collega, con grande generosità, si preoccupò delle prime pratiche per l’assunzione in servizio, mentre io cercavo disperatamente un posto in aereo per rientrare a casa il prima possibile. Fu così che al mio ritorno misi piede nella mia prima classe, senza mai aver insegnato in vita mia e senza avere alcuna esperienza. Grazie a Lei.

In quel particolare e splendido momento della mia vita (non riuscivo a dismettere il sorriso dal mio volto, per la felicità di essere riuscita nei miei intenti e da sola), la donna a me più vicina fu ancora Lei: a quell’epoca era insegnante di sostegno proprio nella mia stessa Direzione Didattica e fu sempre Lei ad “iniziarmi” con grande pazienza ed enorme competenza nel mondo della scuola, alla ricerca della giusta metodologia (quella che non esiste davvero, perché è pur sempre tutto in un equilibrio variabile).

I miei primi mesi furono un turbinio di ricerche e discussioni: la chiamavo continuamente, ci incontravamo a scuola per la programmazione una volta alla settimana o ogni quindici giorni, quando le rivelavo le mie prime impressioni, le mie insicurezze e Lei sapeva spiegarmi cosa era meglio fare, quale strada avrei potuto prendere, sempre studiando strade sicure, ma anche tentando nuove vie. Spesso mi parlava del suo lavoro nel mondo difficile del sostegno a quell’epoca, quando l’inserimento selvaggio degli alunni disabili, aveva creato un irrigidimento dei docenti di classe nei confronti di quelle che praticavano la didattica speciale. Le difficoltà erano moltissime, eppure Lei sapeva affrontarle tutte con molta calma e molta determinazione e con la stessa calma e la stessa determinazione quell’anno mi rese partecipe, momento per momento, delle conquiste dei suoi alunni speciali. Vedo ancora le sue lacrime di gioia quando mi mise a conoscenza delle prime letture di una delle sue alunne, cui nessuno credeva avesse mai imparato a leggere, avendo ormai 10 anni. Ricordo quei momenti con grande tenerezza. La ascoltavo in silenzio, vivendo con lei la gioia di una conquista frutto di un lavoro realizzato con grande competenza e grande preparazione alle spalle: studi fatti da sola, oppure seguendo aggiornamenti a costo di grandi sacrifici (a quei tempi non c’erano le piattaforme on line e le uniche fonti sicure erano i costosi testi da ordinare in libreria e la voce dei professori che dovevi andare a sentire in conferenze geograficamente lontane).

Soprattutto però, feci con  Lei una quantità incredibile di esperienze, cui mai sarei giunta in così breve tempo da sola. A quell’epoca, quando entravi nelle scuole, tutte le porte restavano chiuse e gli insegnanti erano monadi che ruotavano solo all’interno delle loro aule. Nessuno rivelava ad altri i segreti della sua personale didattica, perché veniva considerata una cosa “privata”. Fui quindi molto fortunata ad avere già fin dal primo anno la possibilità di confrontarmi con lei e soprattutto di trarre profitto dalla sua collaborazione e dalla sua aperta raccolta di sapere. Da parte mia, “bevevo” tutto quanto mi raccontava intorno alla scuola, cercando di farne tesoro e di apprendere rapidamente, anche se non immaginavo che nella mia strada di insegnanti così, ne avrei trovati veramente pochi.

Probabilmente la sua esperienza più vera, si era allora realizzata  al tempo pieno di Pitigliano, quando la programmazione del sabato mattina costringeva tutti gli insegnanti ad esprimersi in merito a quanto era accaduto nei gruppi classe durante la settimana, per poi piegare alle necessità vere degli alunni, il piano settimanale delle lezioni. Ricordo ancora la sua voce che mi spiegava con pazienza come funzionava il tempo pieno, del perché era così valida innovazione, del positivo risvolto di raddoppiare il numero degli insegnanti, sì, ma anche dell’enorme valore di una scuola che era vita essa stessa, che con la famiglia si impegnava al massimo sviluppo delle potenzialità di ciascuno. Assorbivo quei discorsi che mi sarebbero presto rimasti così impressi, da formare la mia personalità di docente alla ricerca di continue vie per migliorare i processi di insegnamento-apprendimento anche attraverso le tecnologie. Su suo suggerimento acquistai, ordinandoli alla libreria della città più vicina, molti testi eccezionali, passando per la didattica tradizionale fino a quella speciale cui presto mi sarei appassionata ancora di più. Alfio Zoi, Doman, Petter e le sue conversazioni con gli insegnanti… tutto veniva da me appreso col filtro di una collega così in gamba e ligia al dovere, che mi stupiva: per me era un vero modello.

Venne il momento di fare la domanda di trasferimento: anche in quel caso l’unico valido aiuto lo ebbi da Lei che con semplicità mi mostrò la sua domanda e mi spiegò alcuni meccanismi della “mobilità” nella scuola. L’anno successivo ci incontrammo in un’altra scuola per un breve , ma intenso periodo, oltre il quale la lontananza delle sedi purtroppo, allontanò anche i nostri destini. In quella occasione, appresi da Lei degli elementi di vita che mi costarono un bel po’, perché dovetti riconoscere certi aspetti del mio carattere che si scontravano con un modo di insegnare a quell’epoca davvero troppo rigido e ciò non lo dimenticherò mai. Dopo di allora, rimasta sola nella mia classe, affrontai senz’altro con maggior sicurezza il mio lavoro, ma sicuramente anche con delle mancanza che la “solitudine” non mi permise sul momento, di rivelare a me stessa.

Rincontrai la mia collega in altri contesti solo dopo molti anni, quando la vita aveva cambiato profondamente entrambe. Credo che non fummo mai più così vicine, ma non dimenticherò mai il suo aiuto dei primi tempi. Con queste poche parole, La voglio salutare per l’ultima volta e ringraziare, cosa che forse, non ho mai fatto abbastanza, causa contesti di vita estremamente diversi e lontani. Penso  che anche molti suoi ex-alunni, oggi grandi e con le loro famiglie, La ricorderanno per come era davvero, a parte le brontolate che sempre noi maestre facciamo: generosa con gli studenti, attenta a ogni particolare, una grande insegnante.